Introduzione

  1. Il problema della duplicazione
  2. La fluttuazione dei saggi di cambio
  3. I pagamenti internazionali e le leggi macroeconomiche
  4. Il pagamento degli interessi netti sul debito estero
  5. La crisi del debito sovrano
  6. La riforma del sistema dei pagamenti internazionali

Introduzione

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Se le monete nazionali fossero sostituite da una moneta unica, non vi sarebbe nessuna differenza sostanziale tra i pagamenti effettuati tra residenti di un solo paese e quelli attuati da residenti di paesi diversi. L’esistenza di un unico ‘spazio’ monetario convoglierebbe tutti i pagamenti in un’unica categoria e toglierebbe ogni specificità ai pagamenti internazionali. L’unificazione monetaria planetaria è però ancora molto lontana e la presenza di monete nazionali diverse pone il problema della loro trasformazione in un’unità di misura comune. Si tratta insomma di rendere commensurabili le monete emesse da sistemi bancari diversi. Così formulato, il problema ricorda da vicino quello che si presenta in campo nazionale tra le monete emesse dai diversi istituti bancari che operano sul territorio. Ogni banca emette moneta riconoscendosi spontaneamente debitrice nei confronti dei suoi clienti. Il riconoscimento di debito di una banca è però eterogeneo rispetto a quello di ogni altra banca. Il passaggio dall’eterogeneità all’omogeneità delle monete emesse all’interno di un medesimo paese è garantito dal sistema della compensazione interbancaria gestito dalla banca centrale. In campo internazionale un sistema analogo non esiste e il problema dell’eterogeneità delle monete emesse dai vari paesi non ha ancora trovato una soluzione soddisfacente.

Dall’inflazione di origine internazionale alla duplicazione, dall’instabilità dei saggi di cambio alla fuga dei capitali, dalle discrepanze della bilancia dei conti correnti globali a quella dei conti finanziari e dei capitali, dalle crisi finanziarie al duplice pagamento degli interessi sul debito è un susseguirsi di anomalie che possono essere spiegate solo a partire dalle leggi macroeconomiche riguardanti il sistema dei pagamenti internazionali. La principale di queste leggi concerne l’identità tra gli acquisti e le vendite di ogni singolo paese. Si tratta della trasposizione in campo internazionale della stessa legge sulla quale si reggono i sistemi dei pagamenti nazionali. Ciò non sorprende, perché anche i pagamenti tra paesi richiedono l’uso veicolare di una moneta bancaria. L’applicazione del principio della partita doppia ai pagamenti internazionali comporta il simultaneo addebito e accredito dei paesi implicati. Il significato di questa duplice registrazione è chiaro: la moneta è un flusso e svolge la funzione di un semplice veicolo numerico. Siccome la moneta è il mezzo con il quale vengono effettuati i pagamenti e non l’oggetto dei pagamenti medesimi, ogni paese deve finanziare i propri acquisti mediante vendite equivalenti e simultanee. Per esempio, un paese che importa beni e servizi per un ammontare superiore alle sue esportazioni commerciali, deve finanziare il disavanzo della sua bilancia commerciale con una vendita netta di titoli. Se ciò non accade, se il paese ignora la legge degli acquisti–vendite e paga trasferendo una somma di moneta, la legge ha comunque il sopravvento, ma il suo mancato rispetto porta alla formazione di una patologia.

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1. Il problema della duplicazione

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1.1 La formazione delle eurodivise

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Consideriamo il fenomeno della duplicazione legato alla formazione delle eurodivise. È vero che è ancora diffusa la credenza che esistano monete oggettivamente ‘forti’ e monete ‘deboli’ e che in molti sono ancora convinti che il semplice pagamento monetario delle importazioni commerciali nette da parte di un paese la cui valuta è considerata ‘forte’ sia sufficiente a sdebitarlo definitivamente. Ma come non riconoscere che, essendo di natura contabile, la moneta non può abbandonare il sistema bancario dal quale ha avuto origine? La sola osservazione delle scritture contabili tra il paese importatore (a moneta ‘forte’) e il paese esportatore è sufficiente per rendersi conto che il pagamento implica il trasferimento di un titolo a un deposito interamente costituito nel paese debitore e non quello di una somma di moneta. Tuttalpiù potremmo affermare che la moneta ‘forte’ è usata in modo circolatorio, per veicolare i certificati di deposito al paese esportatore. Riconoscere il fatto che non solo la moneta (il cui uso circolare fa sì che rifluisca istantaneamente al suo punto d’emissione), ma anche il reddito (trasformato in capitale nel momento stesso in cui è risparmiato) non possa mai abbandonare il proprio sistema bancario nazionale (il reddito-capitale non può esistere che come deposito bancario), significa dover concludere che nessun pagamento può avere la moneta come oggetto. Se, ciononostante, le divise ‘forti’ sono equiparate a un attivo netto e incamerate nelle riserve ufficiali del paese esportatore (per essere poi investite sull’euromercato), si assiste necessariamente a un fenomeno di duplicazione che annulla istantaneamente il pagamento delle importazioni nette. Com’era stato tanto chiaramente denunciato da Jacques Rueff, siccome il reddito ‘trasferito’ al paese esportatore rimane depositato nel sistema bancario del paese importatore, il presunto pagamento altro non è che la cessione di un riconoscimento di debito. Le divise incamerate nelle riserve ufficiali del paese esportatore sono in realtà un semplice ‘pagherò’. Riconoscendo loro lo statuto di un attivo netto, si duplicano arbitrariamente i certificati di deposito: mentre quelli ai quali corrisponde effettivamente parte della produzione nazionale del paese importatore rimangono all’interno di quel paese, gli altri circolano all’esterno ed entrano a far parte della massa delle eurodivise. La natura patologica di questi duplicati risiede proprio nel fatto di non avere nessun contenuto reale e di essere, ciò malgrado, accettati come oggetto di pagamento nelle transazioni internazionali. La duplicazione avviene oggi quando a un paese è consentito acquistare senza vendere (beni, servizi o titoli). Pagando i suoi acquisti netti trasferendo al paese creditore un semplice duplicato della propria moneta, il paese importatore evita di cedere una parte equivalente delle sue risorse interne (presenti o future), ma provoca (involontariamente, l’anomalia essendo imputabile all’intero sistema dei pagamenti internazionali) la formazione di una somma positiva di eurodivise.

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1.2 Al di là della duplicazione

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All’interno di un sistema monetario nazionale, i pagamenti sono effettivi perché la moneta ha un contenuto reale che li convalida. Pur essendo tutti effettuati utilizzando la moneta, nessuno dei pagamenti interni ha come oggetto la moneta stessa. Ciò che permette l’effettivo pagamento delle transazioni nazionali è il fatto che l’emissione monetaria è tutt’uno con quella reale della produzione. A livello internazionale nessuna moneta può essere integrata con una produzione che le sia propria; il contenuto reale dei pagamenti deve quindi essere derivato da quello della moneta dei paesi implicati nelle transazioni. Com’è possibile, però, che un paese invii a un altro parte del contenuto della propria moneta visto che tutto il reddito nazionale è necessariamente depositato nel sistema bancario del suo paese d’origine? Dobbiamo forse dedurne che nessun pagamento internazionale è possibile? Evidentemente no, non fosse altro che per il fatto che le importazioni commerciali di un paese possono sempre essere coperte da esportazioni commerciali equivalenti. Ma in questo caso non si finirebbe per rimpiazzare i pagamenti monetari con il baratto? Ancora una volta la risposta è negativa; ciò che distingue un sistema monetario dal baratto essendo il fatto che in un sistema monetario internazionale la moneta (internazionale) rende omogenee le produzioni nazionali (altrimenti destinate a restare fisicamente eterogenee e, dunque, incommensurabili). Inoltre, proprio l’uso della moneta permette di andare oltre la compensazione degli scambi commerciali. Un paese può infatti pagare le sue importazioni di beni e servizi cedendo (sempre attraverso l’uso veicolare della moneta) titoli finanziari, ossia cedendo diritti sulla sua produzione futura. Il ponte tra presente e futuro al quale già Keynes faceva riferimento è di natura finanziaria ed è reso possibile dall’esistenza di un vero sistema monetario.

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2. La fluttuazione dei saggi di cambio

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2.1 La moneta e i saggi di cambio

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Da decenni gli economisti rincorrono il sogno di poter disporre di un sistema di cambi fissi, unanimemente considerato come il sistema migliore per incoraggiare lo sviluppo delle transazioni internazionali. Il ripetuto tentativo di creare un tale sistema (il gold standard, gli accordi di Bretton Woods, il sistema monetario europeo), non è però mai stato coronato dal successo. Immancabilmente, ci si è visti costretti ad accettare un sistema in cui i cambi sono lasciati (più o meno) liberi di fluttuare e nel quale l’incertezza e la speculazione contribuiscono ad accentuare il disordine monetario. È dunque di vitale importanza chiedersi come mai i cambi fissi si siano ripetutamente dimostrati inaccessibili ai nostri sistemi dei pagamenti internazionali. La risposta è facile: per poter disporre di un sistema ‘naturale’ di cambi fissi è necessario che nessuna moneta venga trasformata in oggetto di scambio. Fino a quando le monete saranno identificate con degli attivi netti, esse verranno scambiate le une contro le altre, in un sistema di cambi relativi sintomatico della loro intrinseca instabilità. Un sistema di cambi ‘naturalmente’ fissi è un sistema in cui i pagamenti internazionali non alimentano nessun mercato sul quale le monete vengono comperate e vendute come fossero merci particolari. Passare dai cambi relativi a quelli assoluti significa passare dall’instabilità alla stabilità dei cambi, perché significa impedire che le monete siano oggetto di scambio.

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2.2 Dalla fluttuazione erratica alla stabilità

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L’eterogeneità delle monete emesse dai sistemi bancari di paesi diversi è un dato di fatto incontrovertibile. L’integrazione delle monete nazionali in un unico spazio monetario non è ancora una realtà e sarà difficile che i paesi siano disposti a rinunciare, nel prossimo futuro, alla loro sovranità monetaria. Il problema, che la teoria economica dominante implicitamente dà per risolto, è quello della convalida dei pagamenti effettuati tra paesi monetariamente sovrani. Se il paese A paga il paese B, l’operazione è svolta in moneta A e in moneta B. Affinché il pagamento avvenga nel rispetto dell’ordine monetario, è tuttavia necessario che il paese A paghi in moneta A e il paese B sia pagato in moneta B. In altre parole, il problema da risolvere è quello, già chiaramente individuato da Keynes, di convertire in moneta B il pagamento effettuato in moneta A dal paese A. La vera neutralità monetaria è garantita a condizione di disporre di un sistema in cui ogni pagamento internazionale implica la conversione, gratuita, delle monete coinvolte nell’operazione. Enunciato da Schmitt, il principio in grado di garantire questa conversione è quello dei cambi assoluti. Affinché i pagamenti di un paese qualsiasi, A, si adeguino a questo principio, bisogna che la moneta del paese, MA, entri in un rapporto di cambio assoluto con la moneta del suo partner commerciale o finanziario, MB. Questo rapporto implica la trasformazione di MA in MB e la trasformazione simultanea di MB in MA. Va da sé che se MA si cambia in MA, attraverso MB, il rapporto di cambio tra le due monete rimane invariato.

Un sistema di cambi ‘naturalmente’ fissi è un sistema in cui i pagamenti internazionali non alimentano nessun mercato sul quale le monete vengono comperate e vendute come fossero merci particolari. Passare dai cambi relativi a quelli assoluti significa passare dall’instabilità alla stabilità dei cambi, perché significa togliere definitivamente le monete dal mercato.

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3. I pagamenti internazionali e le leggi macroeconomiche

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3.1. I cambi assoluti

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Negli ultimi sessant’anni, il lavoro di Schmitt ha contribuito in maniera determinante allo sviluppo dell’analisi macroeconomica, arricchendola della teoria quantica e definendone le leggi logiche. L’applicazione di queste leggi alle transazioni internazionali consente di identificare l’origine delle patologie che colpiscono l’attuale non-sistema dei pagamenti internazionali. Per evitare queste patologie bisogna introdurre una riforma che modifichi l’attuale struttura contabile dei pagamenti tra residenti e non residenti, al fine di renderla compatibile con le leggi logiche della macroeconomia internazionale. In particolare si tratta di passare da un sistema basato sul concetto di scambio relativo a uno diverso fondato sul concetto di scambio assoluto. In campo internazionale ciò significa passare da un regime di cambi relativi a uno di cambi assoluti – ossia da un regime che considera le monete come merci che si scambiano reciprocamente a un regime nel quale ogni moneta si scambia (o cambia) con sé stessa.

La natura della moneta non cambia, sia che i pagamenti avvengano all’interno di un medesimo spazio monetario o tra residenti di spazi monetari diversi. In entrambi i casi, la moneta serve da veicolo numerico al quale spetta il compito di convogliare i pagamenti reali. La moneta internazionale, come la moneta nazionale, è un flusso. Il pagamento in moneta ha potere liberatorio solo perché la moneta ha un contenuto reale che, nel caso dei pagamenti nazionali, deriva dalla sua associazione alla produzione, mentre nel caso dei pagamenti internazionali proviene dalla sua sostituzione a una moneta nazionale. Il cambio assoluto è l’operazione per la quale in ogni pagamento internazionale una moneta nazionale si cambia con sé stessa attraverso la moneta internazionale in un movimento circolare che consente lo scambio reciproco di beni reali tra i paesi coinvolti nella transazione. In sostanza non si tratta d’altro che dell’applicazione della legge degli acquisti–vendite agli scambi internazionali. Il paese che acquista beni, servizi e/o titoli deve finanziare il suo acquisto mediante la vendita equivalente e simultanea di beni, servizi e/o titoli. Se ciò avviene, la natura della moneta–flusso è rispettata e nessun pagamento ha la moneta medesima come oggetto.

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3.2 I cambi assoluti e la sovranità monetaria

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La riforma preconizzata dalla teoria quantica si fonda sul rispetto delle leggi macroeconomiche e non presuppone la rinuncia alle sovranità monetarie nazionali. La soluzione adottata dai paesi membri dell’Unione europea e monetaria è troppo drastica per poter essere generalizzata. La rinuncia alla sovranità monetaria nazionale comporta difficoltà e svantaggi tali da compromettere seriamente anche il processo in atto in Europa. È quindi confortante sapere che gli stessi vantaggi ottenuti con l’adozione della moneta unica europea possono essere raggiunti senza costringere i paesi all’abbandono delle loro monete nazionali. La stabilità dei saggi di cambio è un corollario del regime dei cambi assoluti, un risultato che l’uso veicolare della moneta permette di raggiungere senza dover introdurre alcuna misura restrittiva e a prescindere dal grado di convergenza economica tra i paesi che lo adottano.

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4. Il pagamento degli interessi netti sul debito estero

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4.1 La duplicazione dei pagamenti

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Già Keynes era perfettamente cosciente della duplice natura, monetaria e finanziaria, dei pagamenti internazionali. Per servire il suo debito di guerra, la Germania doveva poter disporre di un reddito interno, in moneta nazionale e, in sovrappiù, di un reddito esterno equivalente, necessario per convertirlo in valuta estera. Il problema del duplice pagamento delle transazioni internazionali è dovuto all’esistenza delle nazioni: è a loro che spetta il compito di convertire il pagamento dei residenti nella valuta dei creditori. Fino a quando vi saranno le nazioni, i pagamenti esteri effettuati dai loro residenti dovranno essere veicolati nello spazio internazionale, operazione, questa, che spetta alle nazioni stesse in quanto rappresentanti dell’insieme dei loro residenti. Siccome il duplice carico (residenti + nazione) riguarda tutti i pagamenti internazionali, è possibile dimostrare che, grazie alla reciproca compensazione, l’onere effettivo è semplice in tutti i casi, tranne uno: il pagamento degli interessi sul debito estero. Mentre tutti i pagamenti relativi alle esportazioni e alle importazioni commerciali e finanziarie sono reciproci, quello degli interessi sul debito estero implica un trasferimento unilaterale che, rendendo impossibile la compensazione, costringe il paese a sacrificare una somma di divise equivalente al reddito interno sacrificato dai suoi residenti.

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4.2 Il duplice servizio del debito estero

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Il problema del servizio del debito estero è in tanto più difficile in quanto paradossale. Sostenere che per pagare degli interessi passivi di x unità, il paese indebitato e i suoi residenti siano costretti a sacrificare 2x unità del loro reddito, pare troppo assurdo per essere credibile. Eppure l’osservazione dei fatti non lascia alternativa. Il debito contratto dal paese non essendo riconducibile a quello di nessun residente particolare (il disavanzo commerciale che indebita il paese non può essere attribuito a nessun importatore o a nessun esportatore particolare), non vi è dubbio che il debito debba essere onorato dal paese in quanto tale. D’altra parte i residenti che beneficiano del prestito in divise necessario per pagare le importazioni nette, sono tenuti a servirlo in prima persona. La duplice perdita di reddito (corrispondente al pagamento della nazione e dei suoi residenti) sarebbe evitata se i residenti pagassero il paese e il paese s’incaricasse di pagare i creditori esteri. Il servizio del debito rimarrebbe duplice, ma il sacrificio cesserebbe di esserlo, perché il reddito versato dai residenti lo sarebbe a favore del loro paese e non più a beneficio del resto del mondo. Oggigiorno il sistema dei pagamenti internazionali non riconosce esplicitamente l’esistenza delle nazioni e non dispone della struttura necessaria per impedire che il servizio dei residenti si aggiunga a quello del loro paese. In queste condizioni, i paesi indebitati si vedono costretti a rinunciare ai loro guadagni di origine esterna (attuali o futuri) per onorare un debito già servito dai loro residenti. Alla perdita delle divise si aggiunge quella dei titoli aventi come oggetto un reddito interno equivalente. Per ristabilire la proprietà sulla totalità del loro reddito nazionale, i paesi indebitati sono così obbligati a cedere una nuova somma di divise, sacrificando un’ulteriore parte del loro guadagno estero. Globalmente, supponendo che gli interessi sul debito siano di x unità, per evitare che il suo debito aumenti a causa del mancato pagamento degli interessi, il paese indebitato è costretto a procurarsi (attraverso la vendita di beni, servizi o titoli) e trasferire al resto del mondo una somma di divise pari a 2x unità.

Il mancato uso veicolare della moneta nei pagamenti internazionali obbliga i paesi indebitati ad assumersi un doppio pagamento degli interessi: reale e monetario. Se esistesse un vero sistema dei pagamenti internazionali, il paese debitore D si limiterebbe a trasferire ai creditori parte delle risorse interne generate dall’investimento del capitale ricevuto in prestito. L’assenza di un tale sistema costringe il paese D a procurarsi onerosamente il ‘veicolo’ necessario al trasferimento.

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5. La crisi del debito sovrano

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5.1 Il problema del debito estero

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Un altro interessante campo d’applicazione della teoria monetaria è rappresentato dallo studio del problema del debito estero. Come nel caso dell’inflazione e della deflazione, l’analisi tradizionale è incapace di darne una spiegazione soddisfacente. Analogamente a quanto avviene per i due squilibri interni, il problema del debito estero sembra poter essere facilmente attribuito a fattori reali legati al comportamento degli agenti economici. L’eccessivo indebitamento di un paese deriverebbe essenzialmente dal fatto di avere troppo a lungo vissuto al di sopra delle proprie possibilità, ottenendo prestiti che hanno oramai raggiunto livelli troppo elevati per poter essere rimborsati. Lo stesso FMI ha favorito il diffondersi di questo giudizio, attribuendo agli stessi paesi indebitati la responsabilità della situazione di crisi nella quale si erano venuti a trovare. Sebbene questo giudizio sia poi stato modificato e la responsabilità ripartita tra i paesi indebitati e i paesi creditori (che avevano eccessivamente incoraggiato la domanda di prestiti e perseguito una politica di alti tassi d’interesse), l’analisi del problema è sempre stata fondata sulle decisioni adottate dai vari gruppi di persone implicate nella formazione e nel servizio del debito. In fondo, il debito estero è quasi sempre stato considerato alla stregua dei debiti contratti tra residenti di un unico paese, dimenticando che l’esistenza di uno spazio monetario comune a livello internazionale è ancora estranea alla nostra realtà. Proiettandosi in una realtà al di là da venire, gli economisti suppongono che il mondo disponga di un vero sistema dei pagamenti internazionali e che l’omogeneità monetaria sia un dato di fatto anche a livello internazionale. Se così fosse, il problema del debito sarebbe unicamente di natura finanziaria e sarebbe perfettamente corretto analizzare quello estero nello stesso modo in cui si analizzano quelli interni. Sfortunatamente, il sistema dei pagamenti di cui disponiamo oggi a livello internazionale è ancora carente e l’omogeneità monetaria un obiettivo al di fuori della sua portata. In queste condizioni, il problema del debito estero non è unicamente di natura finanziaria, ma anche monetaria.

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5.2 Il debito sovrano come debito patologico

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L’analisi proposta recentemente da Schmitt (2014) e riguardante la formazione del debito estero è un altro esempio delle scoperte rese possibili dalla macroeconomia quantica. Considerando il caso del pagamento di un disavanzo globale finanziato da un prestito di origine esterna, Schmitt dimostra come l’onere complessivo del pagamento sia due volte più elevato di quanto dovrebbe logicamente esserlo. La conseguenza di questa duplicazione è la formazione di un debito che ricade sull’intero paese e che ne definisce il vero e proprio debito sovrano. L’importanza di questa scoperta risiede nell’immediata constatazione che il debito sovrano risulta essere totalmente patologico. Ogni paese che finanzia i suoi acquisti netti complessivi, commerciali e finanziari, con un prestito ottenuto dal resto del mondo incorre infatti in un duplice pagamento, reale e monetario. Il pagamento reale implica una perdita di risorse interne delle sua economia nazionale che, al momento stesso della sottoscrizione del debito, cede una parte equivalente della sua produzione futura. Il pagamento monetario definisce invece una perdita di divise dovuta alla necessità di pagare il resto del mondo (R) in moneta R. Siccome i due pagamenti sono additivi, il paese è costretto a indebitarsi nonostante che la totalità dei suoi acquisti netti sia già stata interamente pagata dalla sua economia nazionale.

La formazione del debito sovrano è l’effetto dell’assenza di un vero sistema dei pagamenti internazionali, che costringe i paesi in disavanzo a procurarsi onerosamente la moneta necessaria a veicolare i loro pagamenti reali. L’onere del secondo pagamento ricade sul paese considerato come insieme dei suoi residenti ed è sintomatico della natura macroeconomica del debito sovrano. Non sorprende quindi che la scoperta della duplicazione che ne è all’origine derivi da un’analisi che dà il dovuto risalto alla componente macroeconomica dei pagamenti internazionali. Un’analisi unicamente microeconomica non è in grado di spiegare l’origine delle patologie che colpiscono l’attuale sistema (o non-sistema) dei pagamenti internazionali, perché si limita a considerare gli effetti microeconomici dei pagamenti effettuati dai residenti di un paese a favore di non-residenti, senza poterne individuare le ricadute sul paese nel suo insieme. Questo è ciò che ha finora impedito alle teorie dominanti di capire come la formazione stessa del debito sovrano sia la manifestazione più evidente di una patologia che costringe i paesi in disavanzo a imporre severe misure di austerità ai paesi i cui residenti hanno, di fatto, già interamente pagato le loro importazioni nette.

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6. La riforma del sistema dei pagamenti internazionali

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6.1 I principi della riforma

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a) L’uso veicolare della moneta internazionale

Nello stesso modo in cui gli agenti A e B sono accreditati e addebitati di una medesima somma di moneta nazionale, i paesi coinvolti nei pagamenti internazionali devono esserlo in moneta internazionale. Bisogna quindi che una banca sopranazionale (BS) intervenga come intermediario ed emetta la moneta necessaria a veicolare i pagamenti tra paesi. Siccome non esiste alcuna produzione veramente internazionale, dovrebbe essere facile capire che la moneta emessa dalla banca sopranazionale non può in nessun caso identificarsi a un attivo netto. L’idea che BS possa creare la contropartita monetaria delle merci scambiate a livello internazionale è altrettanto inaccettabile di quella che una banca nazionale abbia la facoltà di creare reddito. L’intermediazione monetaria di BS è un intervento istantaneo che permette di lanciare la moneta in un movimento circolare di flusso e riflusso mediante il quale i paesi si scambiano beni, servizi e titoli. Dal punto di vista contabile ciò implica che nessun paese venga accreditato di una somma di moneta internazionale senza esserne al tempo stesso addebitato.

b) L’applicazione della legge degli acquisti-vendite

Non potendo finanziare alcun acquisto netto, la moneta può intervenire soltanto come semplice intermediario in operazioni che siano allo stesso tempo acquisti e vendite. Nella sua formulazione più rigorosa, la legge degli acquisti-vendite stabilisce che ogni acquisto è finanziato da una vendita e ogni vendita finanzia un acquisto (Schmitt 1975: 33). Questa legge si applica a ogni agente economico. Ciò significa che a livello internazionale ogni paese finanzia i suoi acquisti attraverso vendite simultanee e che le vendite di un paese determinano l’ammontare dei suoi acquisti. L’applicazione della legge degli acquisti-vendite a livello internazionale non implica che ogni paese debba equilibrare la sua bilancia commerciale. L’uguaglianza tra esportazioni e importazioni commerciali non è una condizione necessaria al rispetto della legge, che si applica all’insieme delle transazioni effettuate da un paese. Un acquisto netto di beni e servizi è finanziato da una vendita netta di titoli finanziari e un acquisto sul mercato finanziario è pagato mediante una vendita su quello dei prodotti. La regola è quindi quella dell’uguaglianza necessaria tra gli acquisti e le vendite di ogni paese sull’insieme dei mercati.

c) La creazione del paese come entità contabile

Il paese non è un’astrazione priva di una propria identità economica. Per riconoscere l’esistenza del paese è però necessario andare al di là dell’attuale bilancia dei pagamenti attribuendogli un’identità contabile propria. La difficoltà del problema non è di natura tecnica, ma concettuale. Una volta capito che le nazioni non sono la semplice immagine speculare dei loro residenti, le misure da adottare in pratica per attribuir loro un’esistenza contabile sono molto semplici e immediate. In sostanza, esse convergono verso un unico scopo: incaricare la banca centrale di creare e di gestire la contabilità del paese. I conti coinvolti nelle registrazioni delle transazioni internazionali sono essenzialmente due: quello monetario e quello finanziario. La prima misura consiste così nella creazione dei conti in cui devono essere registrate le operazioni d’intermediazione monetaria svolte dal paese per conto dei suoi residenti e in collaborazione con la banca sopranazionale. Essendole attribuito il compito di rappresentare il paese, è la banca centrale che deve darsi gli strumenti necessari per svolgere il ruolo d’intermediario monetario nell’ambito dei pagamenti internazionali.

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6.2 La soluzione regionale

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Applicata all’Unione Europea, la soluzione regionale è fondata sul recupero delle sovranità monetarie nazionali e sulla distinzione tra circuiti monetari nazionali e circuito monetario intercomunitario, dove la circolazione interna è totalmente assunta dalle unità nazionali e all’euro spetta solo il compito di circolare tra i paesi dell’UE (e non al loro interno). Si ottengono così due importanti risultati: da un lato, la sovranità monetaria dei paesi membri è garantita dall’uso delle rispettive monete nazionali come unica valuta interna; dall’altro, ogni pagamento intercomunitario viene effettuato facendo uso di un riconoscimento di debito (l’euro) emesso da un’istituzione soprannazionale (la banca centrale europea) distinta da ogni elemento dell’insieme degli acquirenti nello spazio comunitario. L’uso di una moneta nazionale quale mezzo di pagamento internazionale è contraddittorio, poiché ogni moneta nazionale rappresenta, per definizione, il riconoscimento di debito del sistema monetario dal quale è emessa. Per esempio, se pagate in euro tedeschi, le importazioni tedesche non sono pagate affatto perché, al di fuori dei confini monetari nazionali, gli euro tedeschi definiscono il ‘pagherò’ della ‘casa’ Germania. Con l’adozione dell’euro come moneta soprannazionale si potrà creare a livello europeo un sistema monetario che consentirà l’uso veicolare di una moneta che non sia quella di uno dei paesi membri.

In fondo, si tratta di creare a livello comunitario un sistema monetario simile a quelli esistenti all’interno dei vari paesi membri dell’Unione europea. Si tratta, cioè, di mettere a disposizione dei paesi membri una moneta ‘centrale’ il cui statuto sia analogo a quello delle monete che le varie banche centrali nazionali mettono a disposizione delle banche secondarie. Così come nessun pagamento tra banche secondarie si verifica usando la moneta emessa da una di esse, i pagamenti tra i paesi dell’UE e tra questi e il resto del mondo richiede l’uso veicolare di una moneta che non sia quella di nessuno dei paesi dell’UE. Inoltre, la banca centrale europea deve poter svolgere la stessa funzione di camera di compensazione che le banche centrali nazionali svolgono all’interno del loro paese. Ciò vuol dire che la BCE deve garantire l’istantanea compensazione delle operazioni relative agli scambi intercomunitari effettuate dalle banche centrali dei paesi membri dell’UE. Mediante questo meccanismo di compensazione, la BCE renderà così perfettamente omogenee le monete nazionali dell’Unione europea, senza che nessun paese sia costretto a rinunciare alla sua sovranità monetaria.